Mammiferi

Una giraffa, un delfino, un cervo, un’otaria, una scimmia, uno scoiattolo e un pipistrello, riuniti sulla pedana al centro della sala, sono all’ingresso dell’ampio spazio dedicato ai Mammiferi, unici vertebrati che nutrono la prole con latte secreto dalle ghiandole mammarie della femmina e con corpo coperto di peli. Immediatamente a destra dell’entrata della sala vari campioni di pelo appartenenti a diverse specie, permettono di percepire con il tatto le differenze e di divertirsi indovinando l’animale a cui appartengono. 

Nella stessa sede è possibile osservare e toccare i differenti tipi di denti che caratterizzano i mammiferi. Dalla dentatura tipica di un predatore quale la volpe, con canini acuminati e molari taglienti, a quella degli erbivori come la pecora con molari appiattiti atti alla triturazione dei vegetali e il coniglio con prominenti incisivi a crescita continua. 

L’itinerario espositivo prende inizio dai Placentati ovvero i Mammiferi che partoriscono piccoli già completamente formati. Il primo spazio è dedicato agli Insettivori caratterizzati dal muso particolarmente appuntito. Il riccio i cui aculei sono peli modificati per la difesa e la talpa che, per adattamento alla vita sotterranea, ha occhi ridotti e zampe modificate per lo scavo. 

I Chirotteri, meglio noti come pipistrelli, sono gli unici mammiferi ad avere conquistato il volo attivo grazie alla modificazione degli arti anteriori; il preparato scheletrico di un rinolofo ferro di cavallo permette di osservare le modificazioni ossee che hanno consentito questo particolare adattamento. Ci sono poi i Primati suddivisi in proscimmie, platirrine, catarrine e scimmie antropomorfe caratterizzate, queste ultime, da pollice opponibile, molto evidente nell’orango. Particolari modificazioni adattative sono osservabili in alcuni esemplari, tra cui il formichiere, con il cranio fortemente allungato e la bocca priva di denti, ma munita di una lingua molto lunga e viscida specializzata per la cattura delle prede all’interno di formicai e termitai, pangolini e armadilli caratterizzati da una corazza che li protegge dagli attacchi dei predatori, l’istrice con peli modificati e fortemente acuminati usati come arma di difesa. La lepre alpina si difende dai predatori utilizzando la tecnica del mimetismo; d’inverno il pelo è bianco come la neve, mentre nella bella stagione riprende i colori del suolo. La posizione eretta della marmotta permette di avvistare l’arrivo dei predatori e di avvertire col tipico fischio i membri del gruppo sociale.

Gli splendidi preparati di orsi mettono in risalto la possanza di questi grandi carnivori. In passato l’orso bruno era molto abbondante anche sulle nostre montagne. La trasformazione dell’habitat e soprattutto la caccia ne causarono l’estinzione nei primi anni del ‘900. Dal 2008 sulle Orobie si sono registrate presenze di passaggio di orsi provenienti con ogni probabilità dalla Slovenia e introdotti in Trentino tra il1999 e il 2002. Anche il lupo in passato era abbondante nella fascia prealpina e di pianura della provincia di Bergamo dove i boschi ricchi di animali selvatici costituivano l’habitat ideale per la presenza sua e delle sue prede. Fortemente temuto e cacciato il lupo scomparve dalla nostra provincia attorno al 1850. Negli ultimi vent’anni alcune segnalazioni confermano che anche il lupo è tornato in bergamasca.

Nel nucleo centrale di vetrine una parte è dedicata ai Mustelidi fra cui spiccano i preparati storici di ermellino in abito estivo e invernale risalenti all’inizio del ‘900 e donato al Museo dal prof. Renato Perlini naturalista e fondatore del primo nucleo di questo Istituto. Particolarmente significativo l’esemplare di fossa, una specie endemica del Madagascar a rischio di estinzione. Negli spazi successivi, si possono ammirare alcuni felini quali tigre, leone e ghepardo, predatori per eccellenza, dotati di artigli ricurvi ed affilati capaci di rientrare entro le pieghe della pelle in posizione inoffensiva. La bellezza del mantello di molte di queste specie ha da sempre attratto l’attenzione dell’uomo, compromettendone la sopravvivenza già messa a dura prova dalla riduzione dei loro habitat. Lo spazio retrostante è dedicato agli Ungulati, mammiferi provvisti di zoccoli e talvolta di corna e comprendenti due gruppi: i Perissodattili, caratterizzati da uno zoccolo formato da un unico dito e gli Artiodattili, dotati di zoccolo formato da due dita. Alcune specie come il capriolo, il camoscio e lo stambecco sono caratteristiche della fauna di alta quota, mentre il cinghiale predilige aree di bassa quota, dove talvolta crea problemi di sovrappopolamento. Recentemente in questo spazio espositivo è stato inserito uno splendido esemplare di Argali, la capra del Pamir, donato al Museo dall’ing. Pio Pigorini, insieme ad una ricca collezione di trofei di capre e pecore provenienti da tutto il mondo.

Una cospicua rappresentanza di questi trofei è esposta sulla parte alta della parete presso cui è allestito uno spazio dedicato al processo di domesticazione che da 10.000 anni vede protagonisti uomo, capre e pecore. Oltre ad essere uno specchio della biodiversità all’interno di un gruppo zoologico limitato, i trofei costituiscono un esempio di caccia sostenibile. Dai diritti di concessione di abbattimento di un numero limitato di esemplari appartenenti a specie non a rischio di estinzione, le popolazioni locali traggono infatti le risorse necessarie per la propria sussistenza e per la realizzazione di programmi di protezione delle specie esposte a maggiore rischio. Più in basso, rispetto ai trofei, è possibile osservare due magnifici esemplari, maschio e femmina, di Capra orobica o della Valgerola che danno modo di conoscere questa varietà caratteristica del nostro territorio, mentre un esemplare, nato dall’incrocio di una capra con uno stambecco, mostra un esempio di ibridazione.

Sulla pedana laterale trovano posto un esemplare di giovane elefante indiano, una ricostruzione del suo scheletro ed alcuni esemplari tassidermizzati a disposizione per una conoscenza tattile da parte del pubblico. Nella nicchia della parete di fondo sono esposti alcuni esemplari appartenenti ai gruppi più primitivi di Mammiferi: i Monotremi, rappresentati da un ornitorinco e un’echidna, e i Marsupiali, di cui sono presenti il canguro e l’opossum. I piccoli dei Monotremi nascono dall’uovo e vengono poi nutriti con latte materno, mentre i Marsupiali, una settimana dopo la fecondazione, partoriscono un piccolo di dimensioni ridottissime, che completa lo sviluppo nella tasca addominale, il marsupio, della madre. Un tabellone-gioco, posto a parete, permette di cimentarsi nel posizionare le sagome degli animali nella corretta collocazione geografica.

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