Collezione paleontologia bergamasca - Mesozoico

Numerosissime testimonianze fossili raccontano in dettaglio i cambiamenti subiti dal nostro territorio durante il Mesozoico, un arco di tempo compreso circa tra i 250 e i 65 milioni di anni fa. Il corpo principale delle Orobie è infatti costituito da rocce formatesi in questo periodo: nel Triassico, Giurassico e Cretaceo il territorio occupato dalla nostra provincia era caratterizzato da un ambiente marino e la deposizione di grandi quantità di sedimenti sul fondo di questi antichi mari ha determinato la natura carbonatica delle rocce che oggi formano in prevalenza il corpo dei nostri principali rilievi. I fossili del Triassico superiore sono fiore all’occhiello per eccellenza tra le decine di migliaia di fossili bergamaschi.

Cene

Straordinaria collezione legata ad una delle più importanti località fossilifere triassiche a livello mondiale. La scoperta di questo sito è legata ad una frana avvenuta nel 1965 che ha interessato le pendici del Monte Bue presso Cene, in Val Seriana. Dopo la segnalazione di un primo reperto scoperto da Don Antonio Canova, a partire dagli anni ’70 iniziarono le campagne di ricerca a cura del Museo. Dagli anni ’90 le campagne di scavo stratigrafico vengono svolte in modo sistematico ogni anno restituendo numerosi reperti che vanno ad incrementare la collezione. 

Ponte Giurino

La collezione comprende più di 1200 fossili provenienti dalla località della Valle Imagna nei pressi della Val Brunone. Gli esemplari, conservati all’interno di strati di roccia scura sottilmente stratificati appartenenti alla formazione delle "Argilliti di Riva di Solto", sono in ottimo stato di conservazione. Il sito, scoperto nel 1973, è oggetto di campagne di scavo da parte del Museo che hanno portato alla luce numerosissimi resti di crostacei, pesci, rettili e insetti tra cui il bellissimo esemplare di libellula Italophlebia gervasuttii, che conserva intatto sulle ali il reticolo disegnato dalle nervature. 

Endenna

La scoperta dei fossili di questa località, in comune di Zogno (Val Brembana), si deve ai lavori per la costruzione di un acquedotto che hanno portato alla luce strati di rocce triassiche, appartenenti alla formazione del Calcare di Zorzino, noti per il ricco contenuto paleontologico. La collezione raccoglie oltre 300 reperti frutto di campagne di scavo a cura del Museo, di attività di ricerca sul campo condotte dal prof. Andrea Tintori dell'Università degli Studi di Milano e cofinanziate dal Museo ma anche frutto di donazioni fatte da appassionati e da collaboratori dell’Istituto.

Mario Gervasutti

Collezione che vanta oltre 5.000 fossili già descritti e catalogati ed altri 25.000 esemplari in attesa di studio. L’attività di Gervasutti si svolge tra gli anni ’70 ed ’80 e costituisce un esempio di ricerca condotta con scrupoloso rigore. La collezione comprende fossili provenienti da circa 80 località diverse, del Triassico medio e superiore, di cui fanno parte moltissimi invertebrati, qualche vertebrato, nonché vegetali. L’eccezionalità della collezione risiede nella raccolta di invertebrati ladinici della Val Parina i cui studi hanno portato alla descrizione di nuove famiglie, generi e specie.

Carlo Barbero

La raccolta è costituita principalmente da vertebrati provenienti da giacimenti norici della Val Brembana. Tra i fossili presenti un rettile Placodonte e i pesci predatori Saurichthys depertitus, Birgeria acuminata, Brembodus ridens e Dapedium noricum. La collezione include inoltre ammoniti della Val Parina. A questo storico collaboratore del Museo si deve inoltre la scoperta del rettile arboricolo Drepanosaurus unguicaudatus fatta insieme a Gianluigi Nozza e il dono del bivalve Trigonia zamblachiensis orobica.

altre Collezioni

La straordinaria ricchezza di fossili delle rocce che formano l’apparato centrale delle Orobie ha attratto per anni appassionati raccoglitori che, consapevoli dell’importanza del patrimonio paleontologico e della sua tutela, hanno deciso di fare dono al Museo dei campioni da loro raccolti. Spesso gli stessi appassionati sono diventati preziosi collaboratori coadiuvando i ricercatori del Museo nell’individuazione di nuovi giacimenti ed aiutandoli a scala locale nella tutela degli stessi.

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